C’erano una volta uomini e animali. Lin May Saeed e l’iconografia della solidarietà interspecie
27/05/2024
Un pangolino, un serval e una iena. Potrebbe sembrare l’inizio di una fiaba, se non fosse che gli animali appena nominati sono plasmati in polistirolo, immobili nelle loro pose plastiche. Fissano i passanti con i loro occhi tondi dipinti, i corpi inanimati sono protesi verso lo spettatore ed emettono una forza vitale tangibile nella stanza.
Le sculture, posizionate su piedistalli nel centro della sala, sono le protagoniste indiscusse dello spazio espositivo. Esse gravitano sullo stesso piano del visitatore, che cammina tra loro in silenzio, con il timore che da un momento all’altro esse possano prendere vita e comincino a vagare per la sala. Appesi alle pareti, dei rilievi colorati fanno da sfondo a questo corteo animale.
È questa la scena che si prefigura entrando nello Spazio Zero della GAMeC di Bergamo, osservando le opere esposte di Lin May Saeed (1973-2023) nell’ambito del progetto Pensare come una montagna.
Nata a Würzburg, in Germania, in una famiglia ebreo-tedesca da parte di madre e da padre iracheno, Lin May Saeed ha dedicato vent’anni della sua vita e carriera artistica a sostegno di tematiche ecologiste e ambientaliste.
Attraverso la sua arte, ha sensibilizzato e generato consapevolezza sulla condizione animale nel contesto attuale, sull’estinzione di alcune specie e sul mantenimento degli equilibri della biodiversità. Molti degli animali rappresentati nelle opere, infatti, sono a rischio estinzione ed è estremamente simbolica la scelta espositiva di posizionare le sculture su strutture lignee che ricordano delle gabbie per il trasporto animale.
Attivista, vegana e animalista, con il suo lavoro ha cercato di mettere in luce l’empatia e il rispetto verso il mondo naturale, abbattendo i concetti di sfruttamento, promuovendo la vicinanza interspecie, creando una connessione tra uomini e animali, immaginando un mondo, forse ancora utopico, di coesistenza tra questi.
Nelle opere di Lin May Saeed la sofferenza non viene rappresentata, la sua non è mai una denuncia cruda o aggressiva e la violenza è totalmente assente. Ciò che viene messo in mostra, in particolare nei bassorilievi, sono scenari di coesistenza e incontro, dove l’animale condivide, fisicamente e concettualmente, lo stesso piano dell’uomo in quiete e armonia.
Lin May Saeed è sempre stata appassionata di storie, favole e miti provenienti dal suo retaggio culturale ed è evidente che le sue opere traggano spunti e ispirazione da queste fonti. Infatti, nei rilievi intagliati sono spesso rappresentate scene popolate da animali, a volte parlanti, e figure umane o divine, che danno vita a racconti interculturali e interspecie.
Le sue sculture e i bassorilievi dai tagli imperfetti richiamano alla memoria le immagini rupestri, figure primordiali che cercano di liberarsi dal materiale scultoreo. Cariche di simbologie arcaiche, esse emanano un’aura di sacralità, come se si trattasse di statuette votive.
La pratica artistica di Lin May Saeed spazia nell’utilizzo di diversi materiali, dai più nobili come il bronzo e l’acciaio, al riciclo di vecchi cancelli, spago, fili di ferro, cartoncini e varie tipologie di carta.
Ma il materiale dominante e prediletto nei suoi lavori è il polistirolo: proveniente spesso da avanzi di cantiere o ritagli trovati, risulta essere leggero e facile da intagliare. Si tratta sicuramente di un medium atipico per la tecnica scultorea e distante dalle tematiche ecologiste sostenute dall’artista. Secondo Saeed, a differenza dei più consueti marmo e bronzo, il polistirolo è difficile da smaltire, non decade e rimane intatto. L’artista sceglie di adoperare questo materiale per la sua composizione derivante dal petrolio perché costituisce un avvertimento, evocando l’inquinamento e l’impatto sull’ambiente da parte dell’uomo e quindi la fallibilità di quest’ultimo.
Nel mondo ideale creato dall’artista, la coesistenza senza subordinazione e maltrattamento è possibile, ma è necessario che l’umanità torni sui suoi passi, prima del momento di separazione dal mondo animale. Il visitatore che cammina accanto alle sculture zoomorfe di Lin May Saeed inizia finalmente a comprendere, acquisisce una nuova sensibilità e riesce a convivere con le altre specie, non considerando più l’animale come altro da sé.
Eleonora Valietti
Laureata in Antropologia presso l’Università di Bologna e in “Arte, Valorizzazione e Mercato” all’Università IULM di Milano, Eleonora ha diverse esperienze come mediatrice culturale e sogna di lavorare nell’ambito della didattica per l’arte. Si occupa per QUAINT Art Magazine della sezione inerente l’Arte Contemporanea.
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